Lo scorso 19 aprile, European Food Safety Authority (EFSA) agenzia europea per la sicurezza alimentare, ha pubblicato una nuova valutazione del rischio per la salute pubblica legata alla presenza di un composto, il bisfenolo A (#BPA), negli alimenti. Si tratta, infatti, di una sostanza chimica usata per produrre alcune plastiche e resine che possono formare dei materiali, come pellicole o contenitori, che vengono a contatto con gli alimenti stessi.
La posizione di EFSA negli anni passati ha portato ad abbassare sempre di più, alla luce delle nuove scoperte scientifiche, la dose giornaliera tollerabile di BPA, arrivando oggi a 0,2 ng/Kg di peso corporeo.
D’altra parte, un’altra agenzia europea, ECHA, che si occupa invece di sostanze chimiche, già nel 2017 aveva pubblicato una valutazione sul BPA, dove veniva identificato come una sostanza che interferisce con l’organismo umano su più fronti: a livello endocrino sui sistemi ormonali, causando anche problemi di infertilità e allergie cutanee.
Ci troviamo quindi in una situazione di incertezza.
Quale potrebbe essere una soluzione a questo problema? Trovare un sostituto del Bisfenolo A! Ad oggi, l’industria plastica ha individuato un altro composto, il Bisfenolo S. Ma cosa ci dice la scienza a riguardo?
Chiediamo alla Professoressa Chiara Dall’Asta, docente dell’Università di Parma ed esperta nel Food Safety, di fare chiarezza sull’argomento!
Professoressa Chiara Dall’Asta, docente dell’Università di Parma:
“Tema molto complesso, cari amici di Madegus! Prima di tutto è importante sottolineare come questo progressivo abbassarsi della dose giornaliera tollerabile riflette i passi avanti fatti nella comprensione dei meccanismi di tossicità. La scienza è in continua evoluzione e questi progressivi riadattamenti vanno quindi collocati nella giusta prospettiva.
Per quanto riguarda la soluzione, non ci sono risposte facili.
La sostituzione di BPA con analoghi come bisfenolo S non è esente da rischi, perché molecole strutturalmente simili ragionevolmente potrebbero mostrare meccanismi d’azione simili.
D’altra parte, non è facile sostituire in tempi brevi un componente dei materiali, garantendo però le stesse prestazioni.
Meglio sarebbe – a mio parere – adottare un approccio di tossicità di gruppo, come già fatto per altre classi di composti, che tenga quindi conto del contributo non solo del composto principale (in questo caso il BPA) ma anche dei suoi analoghi strutturali. È un approccio innovativo, attualmente molto studiato da chi si occupa di valutazione del rischio, ma che per essere adottato richiede ancora approfondimento metodologico. Credo che il futuro sarà in quella direzione.”